Competenze talenti IT
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Oltre le competenze tecniche: cosa cercano oggi i CIO nei talenti IT?

Quando si fa recruiting tech, spesso si è portati a valutare le persone partendo da una lista di competenze tecniche. Ma, oltre alle competenze tecniche, cosa cercano i CIO nei talenti IT? E cosa succede quando le skill tecniche da sole non bastano più? Quando il vero valore di un candidato sta nella capacità di comprendere il contesto, leggere il business, influenzare il cambiamento?

Ne abbiamo parlato con Matteo Tassetti, Chief Information Officer di Macron, marchio iconico dell’abbigliamento sportivo, che da anni vive l’innovazione sulla propria pelle. La sua visione è chiara:

“Le competenze tecniche si possono sempre acquisire. Ma curiosità, adattabilità e comprensione del business fanno davvero la differenza.”

Un cambio di paradigma che impatta direttamente su chi si occupa di selezione. Perché se cambia il profilo ideale, deve necessariamente cambiare anche il modo in cui lo si trova.

Guarda l’intervista integrale.

L’IT non è più solo “tecnico”

Nel dialogo con Tassetti emerge con forza un messaggio: la componente tecnica è importante, ma non è più sufficiente. I team IT oggi sono chiamati a:

  • anticipare cambiamenti tecnologici rapidi (es. AI, automazione, cloud)
  • proporre soluzioni dove non esistono ancora regole scritte
  • lavorare in team cross-funzionali con marketing, operations e finance
  • contribuire strategicamente al vantaggio competitivo dell’azienda

In questo contesto, diventano fondamentali alcune qualità, come il pensiero critico, la flessibilità, l’intraprendenza e la capacità di visione.

“Nel nostro team non cerchiamo solo esecutori. Cerchiamo persone che sappiano adattarsi, ascoltare e influenzare positivamente l’organizzazione”, aggiunge Tassetti.

Competenze trasferibili: il potenziale nascosto

Il concetto chiave che emerge è quello delle proxy skills.
Ovvero: abilità acquisite in contesti diversi ma rilevanti, che possono essere trasferite con successo in un nuovo ruolo o settore.

Un candidato può non aver mai lavorato su un progetto di intelligenza artificiale, ma se ha già:

  • gestito l’introduzione di una tecnologia disruptive
  • collaborato con stakeholder non tecnici
  • guidato un cambiamento culturale

…potrebbe, in linea di principio, essere più adatto di chi ha solo “barrato” la casella AI sul CV.

Cosa significa tutto questo per un HR?

Per chi si occupa di risorse umane, il messaggio è chiaro: non basta più leggere i CV, serve leggere le persone. Occorre andare oltre il matching parola-chiave, e costruire processi di selezione capaci di:

  • intercettare potenziale e adattabilità
  • valutare soft skill in contesti reali
  • riconoscere segnali di intelligenza trasversale
  • interpretare correttamente il fit culturale e organizzativo
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Il recruiting tech ha bisogno di nuovi strumenti

In EgoValeo lavoriamo ogni giorno con CIO e HR per trovare talenti IT che non solo sappiano fare, ma sappiano fare la differenza. Lo facciamo con un approccio che combina:

  • head hunting proattivo, non solo su candidati attivi
  • analisi delle proxy skills, per valutare trasferibilità e crescita
  • metodologie data-driven e strumenti proprietari per il matching
  • coaching e supporto consulenziale, anche post-placement

Perché oggi più che mai, trovare la persona giusta significa saper vedere oltre le righe del CV.

In conclusione

Le aziende che sapranno integrare persone tecnicamente competenti ma anche flessibili, proattive e orientate al business, avranno un vantaggio competitivo reale nei prossimi anni.
Non si tratta solo di assumere “i migliori”, ma di costruire team capaci di evolvere insieme all’azienda.

Chi saprà cogliere questo cambiamento in fase di selezione… giocherà sempre in attacco!

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